I Raccontastorie – Fascicolo 4
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Babbo Natale terminò di abbottonarsi la sua maglia più pesante, si infilò due grossi maglioni, indossò la sua giacca rossa e nell’ingresso prese anche la sciarpa. «Che notte per uscire!» disse, mentre la grandine batteva contro i vetri, e fiocchi di neve turbinavano davanti alla porta. «È una serata per stare seduti accanto al fuoco a mangiare pane arrostito e burro.» Si infilò i calzini più pesanti, scosse il fango dagli stivali e cercò i suoi guanti. Mentre si guardava allo specchio, pensò: «Per forza la gente crede che io sia grasso. Con tutta questa roba addosso!»
Fuori dalla porta Rodolfo, la renna, scalpitava impaziente di partire. Babbo Natale controllò che ci fossero tutti i regali e galoppò via in uno sfarfallìo di neve verso l’inospitale cielo notturno. «Hop, hop, hop», ripeteva a voce alta ma ciò non lo rallegrava come sempre. «Quest’anno non riesco a entrare nello spirito del Natale, Rodolfo. Ma perché lo fanno sempre venire d’inverno quando il tempo è così perfido?» Rodolfo soffiò sui campanelli della slitta che erano diventati altrettante palline di ghiaccio. «Sono d’accordo» disse. «Questo non è tempo per viaggiare. Una renna potrebbe rompersi una gamba.»
Si fermarono su un tetto ripido, reso scivoloso dal ghiaccio. Rodolfo guardava di sottecchi Babbo Natale impacciato dai suoi vestiti pesanti. «Non potresti fare a meno di passare dal comignolo quest’anno?» chiese. Babbo Natale scosse la testa. «E come potrei entrare allora? Vuoi che bussi alla porta?» Infilando cautamente prima un piede e poi l’altro nella cappa del camino, si tappò il naso e si lasciò andare nel buio. Ma aveva addosso dei vestiti troppo grossi, per poter scivolare sulla grata del camino e poi nella stanza. Rimase a metà incuneato, e cominciò a
dimenarsi, a brontolare e a trattenere il fiato cercando di rimpicciolirsi. Il fuoco covava ancora sotto la cenere nella grata sotto di lui, e gli sbuffi di fumo lo facevano tossire. Intanto le suole dei suoi stivali cominciavano a riscaldarsi un po’ troppo. Solo quando Rodolfo gli rovesciò addosso il sacco dei regali, Babbo Natale saltò fuori dal caminetto come il tappo di una bottiglia. «Mai più» bofonchiava. «Mai più. Natale dovrà arrivare più presto l’anno prossimo.» E anche quando aveva già distribuito i regali ed era ritornato su, continuava a lamentarsi. «Mai più! L’anno prossimo arriverò prima!»
«Quando?» chiese Rodolfo mentre attraversava un cumulo di neve. «Luglio!» disse Babbo Natale. E si sentì meglio al solo pensiero. Luglio arrivò prestissimo. Babbo Natale era così occupato a preparare i regali, che non poté andare nemmeno in vacanza. «Beh, dicono che una novità fa bene come una vacanza» disse a Rodolfo. «Quest’anno desidero davvero che arrivi Natale! Tira fuori il carretto a sei ruote. Non abbiamo bisogno di prendere quella pesante slitta.» Poi Babbo Natale si fece la barba —se la faceva crescere solo d’inverno per tenere la faccia al caldo — e indossò i suoi jeans preferiti, una maglietta e dei sandali. Si guardò allo specchio. «Veloce come un levriero!» esclamò e filò fuori di casa. A causa dell’ondata di calore tutti
i tetti erano asciutti e facili da scalare. Il carretto a sei ruote scivolava via leggermente e Rodolfo era riposatissimo quando atterrarono sul primo tetto. Il comignolo stretto non rappresentava una difficoltà, questa volta. Babbo Natale scivolò giù facilmente come una lettera nella cassetta della posta. Si piantò sul tappeto starnutendo, col naso pieno di fuliggine. Ma, guardandosi attorno, vide che qualcosa non andava. Non c’erano bicchierini di liquore, né pezzi di torta a dare il benvenuto a Babbo Natale; non c’era l’abete né le decorazioni. Mancavano i regali che Babbo e Mamma erano soliti scambiarsi fra loro. La casa aveva un aspetto solitario e nudo. Poi a un tratto la -verità lo colpì. «La famiglia è andata in vacanza! Ma che roba! Sono andati in vacanza
senza nemmeno pensare a me!» Deluso risalì dalla cappa del camino con tutti i suoi regali. «Non mi aspettavano!» disse mentre a fatica si tirava fuori dal camino, fradicio di sudore per il caldo. «Sono andati tutti in vacanza! Roba da non credersi.» Rodolfo intanto aveva un bel da fare per difendersi dai tafani e dalle punture delle zanzare. «D’inverno però tutti questi insetti non ci sono» borbottò mulinando la coda. E la stessa cosa capitò nelle altre
case che visitarono. O le famiglie erano in vacanza, oppure i bambini erano ancora svegli perché faceva tanto caldo. Più di una volta Babbo Natale dovette risalire precipitosamente il camino per non farsi vedere. In una famiglia chiamarono perfino la polizia, quando sentirono dei rumori strani provenire dal camino. «Un ladro» dicevano al telefono «e ce n’è un altro sul tetto.» «Mai più!» disse Babbo Natale mentre galoppava velocemente verso casa.
Intanto tutti i regali non consegnati sbattevano rumorosamente dietro di lui. «Presi per dei ladri! Più di questo cosa ci può succedere! Mai più!» Per poter fare le cose per bene, gli toccò consegnarli come sempre la vigilia di Natale. Si abbottonò la maglia più pesante, si mise i maglioni, la giaccona rossa con i bordi di pelliccia, si arrotolò la sciarpa e si infilò i guanti. Rodolfo trascinò fuori la pesante
slitta e galopparono via in mezzo a una violenta nevicata senza dire una parola. Babbo Natale non aveva voglia di lanciare il suo grido di incoraggiamento «Hop, hop, hop»; infatti,
non gli riusciva nemmeno di emettere un piccolo «hop.» Si era dimenticato di infilare il secondo paio di calze di lana e cominciava a battere i denti. Quando arrivarono al tetto con il comignolo stretto, Babbo Natale si strinse la cintola, si mise un sacco in spalla e si sedette in cima al comignolo. «Non so proprio chi me lo fa fare» bofonchiava, mentre faticosamente si calava giù. Poi sparì alla vista. Di sotto, nella sala, dieci festoni colorati attraversavano il soffitto come
dieci arcobaleni di carta. Un alto abete torreggiava in un portavasi rosso, con i rami spalancati a tenere in equilibrio innumerevoli lucine colorate. I suoi aghi erano adornati da ghirlande argentate. Il riflesso della neve illuminava la stanza di una bianca luce, facendo spiccare i cinquanta cartoncini di auguri: Buon Natale… Tanti auguri… Con amore… «Per Babbo Natale», c’era scritto su
un biglietto dorato vicino a una bottiglia di vin dolce e a un pezzo di torta. Babbo Natale bevve, mangiò e si guardò intorno provando una sensazione sconosciuta di calda tenerezza. Di sopra, i ragazzi dormivano avvolti in calde coperte colorate. «Ah, che bellezza il Natale» sospirò e un nodo in gola gli impedì di dire «hop, hop, hop.» Tornò sul tetto. La salita non gli sembrò più così difficile e la sua barba invernale impedì alla fuliggine di andargli su per il naso. «Mi spiace Rodolfo» disse saltando fuori dal comignolo, «ma in futuro io consegnerò i miei regali solo la vigilia di Natale.» Sembrava che Rodolfo non stesse ascoltando. Stava osservando le stelle scintillare sui tetti innevati. Una luna argentata tremò al suono delle campane di Natale. «Hop, hop» disse la renna emettendo nuvolette di fiato. «Che bellezza il Natale!»