L’acciarino

L'acciarino

I Raccontastorie – Fascicolo 13

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      01 - L'acciarino
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C’era una volta un soldato che stava tornando a casa dalla guerra. Camminava spedito, fischiettando un motivetto, quando vide una vecchia seduta sotto una grossa quercia. «Giovanotto», lo interpellò lei. «Io posso farti diventare più ricco di quanto tu non abbia mai nemmeno sognato.» Al soldato si spense il fischio sulle labbra mentre si avvicinava alla vecchia: era così brutta che fu subito certo che si trattava di una strega. «Ah sì?» esclamò. «Allora dimmelo come diventerei tanto ricco.» La vecchia strega batté le nocche sul tronco della quercia. «Questa quercia è cava» disse. «Ma io sono diventata troppo vecchia e rigida per calarmici dentro. Però posso legarti una corda intorno alla vita e calare te fino alla camera segreta. Là troverai tre porte. Dietro la prima porta c’è una cassa piena di monete di rame sul cui coperchio siede a guardia un grosso cane. Ma non c’è motivo di spaventarsi: per aprire la cassa, tutto quello che devi fare è posare il mio grembiule sul pavimento e metterci sopra il cane.» «Ma il rame non mi farà ricco» ribatté il soldato. «Cosa c’è dietro la seconda porta?» «Dietro la seconda porta c’è una cassa piena di monete d’argento. È custodita da un cane ancora più grosso seduto sul coperchio. Ma non temere. Metti il cane sul grembiule e potrai prenderti l’argento.»,

«E dietro la terza porta?» «Dietro la terza porta c’è una cassa piena di monete d’oro guardata a vista da un terzo cane…» «È quella, che voglio», esclamò il soldato legandosi la corda intorno alla vita e balzando sul ramo più basso dell’albero. «Immagino che vorrai dividere il tesoro con me, non è così vecchia?» «No, giovanotto, lo puoi tenere tutto per te» rispose la strega. «L’unica cosa che voglio è il mio acciarino. L’ho dimenticato laggiù l’ultima volta che ci sono stata. Ehi, non dimenticarti di prendere il mio grembiule, altrimenti i cani ti morderanno.
E quando avrai finito, rimetti ogni’ cane sopra la sua cassa.» Il soldato si calò nell’oscura cavità dell’albero, giù, giù, sempre più giù, finché all’improvviso i suoi piedi toccarono terra. Rimase un momento stordito e poi si rese conto di trovarsi in un antro enorme con tre porte. Lentamente aprì la prima porta: e, proprio come aveva detto la strega, c’era una cassa con un cane sopra. «Ma guarda!» esclamò il soldato. «Sapevo che ci sarebbe stato un cane a guardia di ogni cassa, ma non che il primo avesse occhi grandi come piattini.» Sollevò con precauzione il cane e lo appoggiò sul grembiule della strega mentre l’animale gli leccava il viso e sbatteva i suoi enormi occhi. Controllò che la cassa fosse quella piena di monete di rame e poi rimise il cane sul coperchio come prima. Ora era pronto per aprire la seconda porta. Dietro di essa c’era un’altra cassa con sopra un cane dagli occhi grandi come scodelle.

«La strega non mi aveva parlato dei tuoi occhi» ansimò il soldato mentre faticava per alzare il cane dalla cassa e metterlo sul grembiule. Controllò che la cassa fosse quella piena d’argento e rimise il cane sul coperchio, affrettandosi poi verso la terza porta. Dietro la porta c’era un’altra cassa. E malgrado il soldato avesse già visto gli altri due strani cani, non poté fare a meno di emettere un grido di sorpresa. «Mamma mia! La strega poteva anche avvertirmi che il terzo cane aveva occhi grandi come ruote di carro!» Quell’enorme bestia aveva spaventato il soldato che però fece appello a tutto il suo coraggio: con grande fatica mise il cane sul grembiule, poi alzò il coperchio della cassa ed ecco l’oro che tanto cercava!
Si riempì le tasche di monete fino a non potersi quasi più muovere e così appesantito faticò duramente per rimettere il cane sul coperchio. I suoi pantaloni e la giacca erano così rigonfi d’oro che quando trovò l’acciarino della strega dovette ficcarselo sotto il berretto!

Lentamente e con fatica la strega lo tirò su dalla cavità della quercia e, appena i suoi piedi toccarono terra, gli chiese di darle l’acciarino. «Come mai quest’acciarino è più prezioso per te di una cassa piena d’oro?» chiese il soldato. «Dimmi il segreto dell’acciarino, altrimenti lo terrò per me.» «Non lo farai! Non lo farai!» strillò la strega battendo i piedi, e diventò così paonazza e gonfia di rabbia che scoppiò in mille pezzi… disperdendosi come un mucchio di foglie secche.
Quando il soldato arrivò in città aveva già dimenticato la strega e il suo stupido acciarino. Gli importava solo di andare a spendere il suo oro. Da un momento all’altro era diventato l’uomo più ricco della città. Poteva comprare di tutto: case, vestiti, cavalli, cibo. Organizzò così grandi feste, distribuendo l’oro a chiunque glielo chiedesse. Ma c’era una cosa che non poteva comprare: la possibilità di vedere la bella figlia del re. Nessuno poteva più avvicinarla dal giorno in cui un’indovina le aveva letto la mano predicendole che avrebbe sposato un semplice soldato. «Un soldato semplice!» aveva gridato il Re. «Preferirei piuttosto che non si sposasse mai!» Dopodiché l’aveva rinchiusa nel palazzo. «Un soldato semplice!» aveva strillato la Regina. «I soldati sono così sporchi e rozzi. E scialacquano i soldi in un modo… Vi ricordate di quel ricco soldato che arrivò qui con le tasche piene d’oro? Beh, dopo un anno non aveva più nemmeno una monetina in tasca!» Era vero. Il soldato aveva speso tutta la sua fortuna fino all’ultimo centesimo.

Viveva in una soffitta e non aveva nemmeno i soldi per comprarsi una candela. In una notte fredda, mentre giaceva nell’oscurità cercando di riscaldarsi, si ricordò improvvisamente dell’acciarino della strega: poteva usarlo per accendere una manciata di paglia e riscaldarsi le mani. Ecco, l’acciarino era ancora nella tasca della sua vecchia uniforme! Lo prese, lo strofinò e ne scaturirono delle pallide scintille. E là, ammiccando nel buio comparve il cane dagli occhi grandi come piattini. «Ehi, amico!» esclamò il soldato. «Tempo fa ho storto il naso davanti al tuo tesoro di monete di rame. Magari ne avessi ora almeno una di quelle monetine per comprare una candela!» Il cane con gli occhi grandi come piattini gli dette una leccata e balzò via. Pochi minuti dopo tornò trascinando la cassa piena di monete di rame. Il soldato strofinò di nuovo l’acciarino e apparve il secondo cane, quello i cui occhi erano grandi come scodelle.
In breve sparì e riportò la cassa piena di monete d’argento. Quando il terzo cane apparve obbedendo al richiamo dell’acciarino, non riuscì ad entrare nella misera soffitta tanto grande era la sua mole. Rimase fuori nella strada, scrutando attraverso i vetri con i suoi occhi grossi come ruote di carro.


«Voi tre cani mi avete reso ricco di nuovo», disse il soldato. «Potete anche farmi felice? Muoio dal desiderio di dare uno sguardo alla bella principessa.» Il cane più grosso sparì all’istante. Quando ritornò portava sul dorso la principessa profondamente addormentata. «È ancora più bella di quanto immaginassi», sospirò il soldato e la baciò
dolcemente. Poi il cane la riportò al palazzo. Il mattino seguente, la principessa, trasognata, raccontò al Re e alla Regina: «Che bel sogno ho fatto stanotte. Ho sognato di essere portata attraverso la città da un cane enorme e poi di essere stata baciata da un bel soldato.» «Un soldato!» gridò il Re. «Un soldato!» strillò la Regina. «Spero proprio che si sia trattato di un sogno.» Ma per esserne completamente sicura, la Regina fece un sacchetto, lo riempì di farina bianca e praticò un buchino sul fondo. Poi, di nascosto, lo cucì alla camicia da notte della principessa. Quella notte, il cane tornò a prendere la principessa. E non si accorse, mentre correva per le strade, che un rivolo di farina usciva da sotto la camicia di seta. Il mattino seguente il Re e la Regina poterono seguire la traccia che li portò dritti dritti alla soffitta del soldato. «Nessun uomo comune può vedere mia figlia e continuare a vivere!» decretò il Re. «Domattina morirai!»

E lo fece rinchiudere in prigione. All’alba una folla enorme si era riunita davanti alla prigione per assistere all’impiccagione del soldato. Mentre il boia gli passava il cappio al collo, il soldato si rivolse al Re. «Posso fumare un’ultima volta la mia pipa, prima di morire?» implorò. Il Re acconsentì alla supplica e il soldato tirò fuori l’acciarino e lo strofinò… una volta, due volte, tre volte. «Salvatemi, miei cani fedeli! Salvatemi!» Tutti rimasero pietrificati dalla sorpresa quando tre straordinari cani balzarono a fianco del soldato. Uno aveva gli occhi grandi come piattini, il secondo aveva gli occhi grandi come scodelle e gli occhi del terzo erano grandi come ruote di carro. Tutti e tre si slanciarono sul Re e sulla Regina e li scaraventarono per aria.
Volarono tanto in alto da non poter più venir giù, e la folla pregò il soldato di diventare il loro re e di sposare la principessa. «L’indovina lo aveva detto che la principessa avrebbe sposato un semplice soldato e così sarà» disse lui. Invitò tutta la popolazione a un grande banchetto dove i tre cani furono gli ospiti d’onore. E quando i tre cani videro il meraviglioso festino imbandito sulle tavole del palazzo, i loro occhi diventarono ancora più grandi!