Giacomino e la pianta di fagioli

Giacomino e la pianta di fagioli

I Raccontastorie – Fascicolo 19

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      01 - Giacomino e la pianta di fagioli
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C’era una volta una povera vedova che aveva un unico figlio chiamato Giacomino. Questo figlio non era davvero di grande aiuto per sua madre, non guadagnava nemmeno un soldo e perciò erano entrambi poverissimi. Un brutto giorno, la loro unica mucca diventò troppo vecchia per dare latte. «Non c’è niente da fare», disse la mamma di Giacomino «dovremo proprio venderla.» E così Giacomino portò la mucca al mercato promettendo alla madre di fare tutto il possibile per ricavarne un buon prezzo. Ma il viaggio era lungo e noioso e Giacomino per passare il tempo cominciò a fantasticare su cosa avrebbe potuto comprare se fosse diventato molto ricco. Lungo la strada incontrò un buffo ometto, con un gran testone e un corpo

mingherlino, che gli propose di comprare la mucca. «Dammela e ti prometto che diventerai ricco» disse tirando fuori t sacchettino. Giacomino non credeva ai propri orecchi. Ma quando aprì il sacchetto, invece di monete d’oro ci trovò dentro solo cinque fagioli raggrinziti. «Sono fagioli magici», disse l’ometto. «Piantali e cresceranno fino al cielo!» E prima che Giacomino potesse dire qualcosa, scomparve… e la mucca con lui! Giacomino corse a casa, chiedendosi cosa sarebbe accaduto quando avesse piantato i fagioli magici. «Hai fatto presto», disse la mamma quando Giacomino arrivò a casa. «Quanto hai ricavato dalla mucca?» «Ho fatto un affare fantastico», rispose lui. «Guarda un po’ qui!»

La madre guardò dentro il sacchetto e si infuriò. «Fagioli? Fagioli?!» gridò. «Stupido, fannullone, buono a nulla! Vuoi proprio che moriamo di fame?» Giacomino cercò di far capire alla madre che si trattava di fagioli magici, ma lei non volle nemmeno ascoltarlo. Li scaraventò fuori dalla finestra, dette un sacco di botte al povero Giacomino e lo spedì a letto senza cena. Il mattino dopo Giacomino, affamato, si svegliò prestissimo. Cioè… pensò che fosse presto, perché la stanza era completamente al buio. Ma quando si alzò, vide fuori dalla finestra

un’enorme pianta verde, le cui foglie giganti premevano contro le persiane. «Allora i fagioli erano davvero magici!» Veloce come il lampo, Giacomino si arrampicò sulla finestra e di lf sull’enorme pianta di fagioli, e cominciò subito la scalata, fermandosi solo per salutare con la mano la mamma che, sbalordita, lo guardava da sotto casa. Salì e salì. Arrivò fino alle nuvole e oltre. Poi, all’improvviso, vide una lunga

strada che gli si snodava davanti. Giacomino camminò per ore, e proprio quando stava pensando di tornare indietro, vide un grande castello. Stanco e affamato, Giacomino bussò al massiccio portone. Un’enorme donna venne ad aprire e guardò in giù verso il visitatore che, accanto a lei, sembrava piccolo piccolo. «Per favore, mi potrebbe dare qualcosa da mangiare?», chiese. «Sono affamato.» «Vattene subito. Fra poco torna mio marito e ti mangerebbe, come fa con tutti i ragazzi.» Ma Giacomino continuò a insistere e alla fine lei lo fece entrare e gli diede un pezzo di pane e formaggio. Aveva quasi finito quando udì dei passi pesanti sul sentiero. «Oh, poveri noi!» esclamò la moglie del gigante «è mio marito. Presto, nasconditi nel forno.» Giacomino fece appena in tempo a ficcarsi dentro il forno, quando la porta della cucina si spalancò e un enorme gigante dalla zucca pelata irruppe nella stanza. Annusò l’aria e ruggì: «Ucci ucci sento odor di cristianucci. Sia ragazzo oppur bambino, me Io mangio in un panino.» «No, no, caro», gli disse la moglie con calma «ti sbagli. Ora siediti e mangia tranquillo.» Quando il gigante ebbe finito il suo pasto colossale, tirò fuori un grande scatolone pieno di sacchetti e si sedette a contare il suo denaro. Giacomino, alla vista di tanto oro, rimase senza fiato.

Dopo un po’, la testa del gigante cominciò a ciondolare ed egli cadde in un sonno profondo. Giacomino saltò fuori, si mise in spalla uno dei sacchetti pieni d’oro e si allontanò in fretta dal castello. Fece tutta la lunga strada di corsa, poi gettò di sotto il sacchetto e si lasciò scivolare giù lungo il grosso gambo verde della pianta di fagioli, fino a casa. Per mesi Giacomino e sua madre vissero nell’abbondanza, ma venne il giorno in cui rimasero loro solo poche monete d’oro. E un mattino, quando la mamma andò a svegliarlo, si accorse che il figlio si era di nuovo arrampicato sulla pianta di fagioli, in cerca di altro oro. «Ah, sei qui di nuovo?» disse la moglie del gigante quando venne ad aprire il portone del castello. «Sai che l’ultima volta che sei stato qui mio marito ha perso un sacchetto di monete d’oro?» « Davvero?» rispose stupito Giacomino « Che strano! Forse potrei aiutarvi a cercarlo . Io sono abbastanza piccolo per infilarmi nei buchi in cui voi giganti non potete entrare,» Così la sciocca moglie del gigante lo lo fece entrare di nuovo in casa e gli diede persino un pezzo di pane e formaggio. Giacomino stava ancora facendo finta di cercare l’oro perduto, quando udì i passi del gigante che tornava a casa. Ebbe appena il tempo di infilarsi nel forno, quando la porta si spalancò e il gigante si precipitò in casa e ruggì: «Ucci ucci, sento odor di cristianucci sia ragazzo oppur bambino me lo mangio in un panino.» «No, no, mio caro. Credo proprio che tu ti sbagli. Non c’è nessuno qui. Ora siediti e mangia.» Il gigante, mentre mangiava, teneva in una mano una gallinella bianca e, quando ebbe finito il suo pasto, l’appoggiò sul tavolo. «Gallinella, un, due e tre, fai un bell’uovo d’oro per me!» E la gallinella depose l’uovo più strano

che Giacomino avesse mai visto. Era tutto di oro puro! Il gigante sogghignò soddisfatto e se ne andò a dormire, tenendo stretto l’uovo d’oro. Giacomino sgattaiolò fuori dal forno, acchiappò la gallina per il collo e corse via dal castello, lungo la strada e giù per il gambo della pianta di fagioli. Con la gallina magica che zampettava nell’aia, Giacomino e sua madre finalmente diventarono ricchi e pensavano che sarebbero stati felici per sempre. Ma una mattina, quando la mamma andò a svegliare Giacomino, si accorse che se ne era andato di nuovo! Questa volta, quando Giacomino giunse al portone del castello, non osò bussare, ma rientrò furtivamente, mentre la moglie del gigante era occupata a fare il bucato e, invece di nascondersi nel forno, si nascose nella tinozza.

Dopo un po’ si udirono i passi del gigante sul sentiero e la porta si spalancò. Il gigante annusò l’aria e ruggì: «Ucci ucci, sento odor di cristianucci sia ragazzo oppur bambino me lo mangio in un panino!» «Son sicura che non c’è nessuno» rispose la moglie del gigante, «ma se per caso è ancora quel ladruncolo che ti ha rubato un sacchetto d’oro e la gallina, sicuramente s’è nascosto nel forno.» Il gigante si precipitò allo sportello del forno, ma come voi sapete Giacomino non era li dentro. «Non dovresti agitarti così», disse la moglie del gigante. «Perché invece non tiri fuori la tua piccola arpa?» Il gigante prese l’arpa e… «Suona», ordinò. E la piccola arpa cominciò a suonare una dolce melodia. Il gigante sospirò felice, sua moglie

sospirò felice ed entrambi si appisolarono sulle loro poltrone. Veloce come il lampo, Giacomino saltò fuori dalla tinozza, acchiappò l’arpa e via, fuori dalla porta. Ma l’arpa a un tratto si mise a gridare: «Padrone, padrone, mi rubano!» Il gigante si svegliò di soprassalto «Cosa? Come? Ehi tu, fermati! Presto, moglie, la mia accetta!» Giacomino corse per la lunga strada, con il gigante alle calcagna mentre il frastuono di quei piedoni e la sua voce tonante gli facevano gelare il sangue. Arrivò alla pianta di fagioli pochi istanti prima del gigante, vi si gettò sopra a capofitto e giù, tutta una scivolata. Il gigante, strepitando si scaraventò dietro di lui, frantumando i rami e brandendo ferocemente l’accetta. «Presto, la mia accetta!» gridò a sua

 

 

madre Giacomino, ansimante, non appena ebbe messo piede a terra. Lavorando furiosamente, menò grandi colpi al gambo della pianta di fagioli, mentre già il gigante si intravvedeva tra le nuvole.

Con uno schianto fragoroso la pianta cedette e cadde rovinosamente sulla casa, frantumandola. E il gigante… CRASH… cadde nell’orto con un tremendo colpo e si ruppe il collo! Da quel giorno, Giacomino e sua madre vissero felici e contenti, con la gallinella che faceva le uova d’oro e l’arpa che suonava quelle dolci melodie. Infatti, cosa potevano desiderare di più?!