I Raccontastorie – Fascicolo 19
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Albero si lamentava in continuazione e Siepe cominciava a essere stufa. Come albero era anche rachitico: un melo selvatico non molto più alto di Siepe. Insomma, non certo un granché, con i rami neri e storti e con le sue meline aspre che nessuno voleva. Era già primavera e Albero continuava a mugugnare. «Vedrai che stasera pioverà e quasi di sicuro anche domani. E poi si alzerà il vento, vedrai! Magari mi spezzerà anche qualche ramo…» «Ma il vento di primavera porta il bel tempo» rispondeva Siepe. «E quel che è peggio» continuava
Albero senza nemmeno ascoltarla, «quegli orribili uccelli cominceranno a farmi il nido addosso e a mangiarmi i germogli…» «Sono proprio stufa dei tuoi lamenti, Albero; se non hai niente di meglio da dire, faresti bene a stare zitto…» Albero, di cattivo umore, continuava a guardarsi intorno in cerca di un pretesto per brontolare: il campo si sarebbe riempito di fango, le mucche avrebbero fatto breccia nella siepe, i corvi avrebbero invaso il campo… e poi sicuramente qualcuno avrebbe aperto il cancello, e il campo sarebbe stato invaso dalle pecore.
In maggio, poi, chissà quanti conigli sarebbero venuti a scocciare. Ma, più che altro, gli avrebbero impedito di dedicarsi al suo passatempo preferito e cioè… lamentarsi! Siepe decise che bisognava fare assolutamente qualcosa per impedire questo continuo mugugno. Ma cosa? Ora, dovete sapere che il migliore amico di Siepe era il vecchio Corvo, che saltellava da un cespuglio a una pianta in cerca di vermi, spaventando i merli e
le cince. Quando era stanco, si appollaiava su Siepe a guardare il panorama e a chiacchierare. Un giorno, quando Corvo arrivò, Siepe gli spiegò il problema. «Come faccio a far smettere Albero di lamentarsi?» Corvo si mise a pensare, poi disse: «Albero non ha una vera ragione di vita, ecco perché si lamenta sempre.» «Ma dove si trova questa ragione?» «Di solito, proprio sotto il naso.»
La primavera lasciò il posto all’estate e Siepe si riempì di verde. Come sempre, Caprifoglio le si attorcigliò alle foglie, adornandola con i suoi fiori profumati. I calabroni ronzavano nella calda aria estiva. «Albero» chiese decisa Siepe un giorno. «Qual è la cosa più brutta della tua vita?» Albero fu molto colpito dalla domanda. C’erano tante cose… e cominciò ad elencarle. «No, dico proprio la peggiore.»
Albero rimase in silenzio per giorni. Finalmente sussurrò con voce triste: «La cosa peggiore è che non piaccio a nessuno. Perché sono brutto. La mia fioritura dura solo pochi giorni, le mie foglie non sono belle, e le mie mele selvatiche hanno un sapore orribile!» «Ma a questo si può rimediare facilmente!» esclamò Siepe. «Potrei chiedere a Caprifoglio di crescere lungo il tuo tronco e sui tuoi rami, e così saresti ricoperto di fiori profumati e di foglie verdi per la maggior parte dell’anno. L’unica difficoltà è che…» «Continua» incalzò Albero con impazienza. «Beh, la verità è che a Caprifoglio la cosa non interessa. Dice che ti lamenti troppo.» Albero rimase in silenzio. Poi disse: «Se io prometto di lamentarmi di meno, potresti convincerlo a crescere sopra di me?» «Se tu non ti lamentassi per un anno intero, forse accetterebbe» rispose Siepe. Così, per un anno intero, Albero
non si lamentò nemmeno una volta; nemmeno quando arrivò la siccità estiva; nemmeno quando piovve tutto ottobre; nemmeno quando soffiarono i venti gelidi dell’inverno. E un bel giorno della primavera seguente, Caprifoglio mise fuori un timido germoglio. Col passare dei giorni cresceva in fretta. Si attorcigliò al tronco di Albero e si intrecciò ai suoi rami. In maggio, fra le sue foglie verdi spuntarono dei boccioli bianchi e quando il vento di giugno fece volar via i boccioli di Albero, Caprifoglio dischiuse i suoi fiori profumati gialli e rosa e Albero divenne il più bello tra tutti gli alberi del campo. Da quel giorno non si lamentò mai più. Nemmeno una volta. Mai più. Un pomeriggio d’inverno, Corvo andò da Siepe. «Non ho più sentito Albero lamentarsi. Deve aver trovato una ragione di vita. Qual è?» «Chiedilo a lui» rispose Siepe. Corvo volò da Albero e gli chiese che ragione di vita avesse trovato. «Non posso parlare ora, Corvo,
devo proteggere Caprifoglio dal vento.» «Ma è tutto marrone e avvizzito ora che è inverno.» «Forse ora sarà così» rispose Albero. «Ma si appoggia a me perché io lo protegga fino a primavera. E allora sboccerà di nuovo più folto e più bello dell’anno passato.» Il vecchio Corvo e Siepe furono molto felici nel sentirlo parlare così. Albero aveva trovato la sua ragione di vita e non si sarebbe lamentato mai più.