I Raccontastorie – Fascicolo 21
Ascolta l’audiocassetta!
Ogni giorno, nel tragitto dal palazzo alla cattedrale, la carrozza dello Zar passava davanti a una povera casa di contadini. Un certo giorno, lo Zar vide il contadino che, appoggiato allo steccato, fumava la pipa e fece fermare la carrozza per parlargli. L’uomo cadde in ginocchio. «Oh graziosa Maestà, fermando qui la tua carrozza tu rendi a me e alla mia fattoria e alla più piccola zolla della mia terra, il più grande degli onori!». Lo Zar indietreggiò. «Tu non parli come un contadino. Dove hai appreso le buone maniere?» «Mia figlia dice che le parole sono l’unica cosa davvero preziosa che noi possediamo e che perciò dobbiamo usarle bene.» «Una ragazza saggia, tua figlia.» «Oh Sire!» esclamò il contadino. «È l’essere più saggio di tutta la Russia! Non so da chi abbia preso. Io, per me non ho molto cervello.» «L’essere più saggio di tutta la Russia, dici?» ripeté lo Zar arricciandosi i lunghi baffi. «Certo, Sire!» «Più saggia di me?» «Oh!» Il contadino deglutì. «Cosa mai ho detto?!» Ma lo Zar era già risalito in carrozza e si era allontanato a grande velocità.
Quel giorno stesso, verso sera, lo Zar ritornò. «Ehi! contadino!» chiamò sporgendosi dalla carrozza con un cesto di uova in mano. «La tua saggia figlia può fare qualcosa per me. Ma guai a lei se non lo farà. Dalle queste tre dozzine di uova e dille di farle schiudere per domattina.» E si allontanò in una nuvola di polvere. Il contadino rimase come un allocco a fissare il cesto di uova. Erano di un rosso brillante. «Ma che uova sono?» chiese a sua figlia rientrando in casa. Essa ne prese uno in mano e lo soppesò. «Sono uova sode dipinte di
rosso, ecco cosa sono. Non posso farle schiudere.» «Oh! Lo sapevo che lo Zar ci avrebbe puniti! Sta solo cercando una scusa per castigarci!» Ma la figlia disse: «Troverò io qualche rimedio. Non ti preoccupare.» Il mattino seguente, la carrozza dello Zar si fermò davanti allo steccato della fattoria. Lo Zar guardò fuori e fu preso da un grande stupore: la figlia del contadino, infatti, era nel campo e seminava fagioli bolliti. E mentre seminava cantava: «Pianto fagioli bolliti quest’anno, ma chissà poi se cresceranno?»
«Tuo padre mi aveva detto che sei una ragazza saggia», le disse lo Zar. «Ma devi invece essere un’idiota per seminare fagioli bolliti. Che cosa ti aspetti da un simile raccolto?» «Esattamente quello che si aspettava il buon Zar, quando mi ha chiesto di far schiudere delle uova sode, Signore.»
Lo Zar arrossì e si affrettò ad andarsene riconoscendo che la ragazza lo aveva battuto con le sue stesse armi. Quando il giorno dopo il contadino aprì la porta della sua casetta, trovò un rocchetto di filo sulla soglia, insieme a un biglietto da visita dello Zar, dai bordi dorati. Il messaggio diceva: Dì alla tua saggia figlia di farmi due vele per la mia nave che salpa domani o vi manderò entrambi in Siberia. Il vecchio contadino si strappò i capelli. «Oh, cosa faremo, figlia mia?!» La figlia si mise il rocchetto di
cotone in tasca. «Non crucciarti, papà» gli disse scrivendo qualcosa sul retro del biglietto da visita. «Porta questo messaggio a palazzo.» Strappò un ramoscello da un albero di mele e lo mise nella busta. Il suo biglietto diceva: Sicuramente voi sapete quanto sia povero mio padre. Temo che non possa comprare un arcolaio e un telaio. Ma se il buon Zar me li vorrà fare con questo ramoscello, io sarò felice di tessere le vele per la sua nave con un solo rocchetto di filo. Quando lo Zar lesse il messaggio, scoppiò in una risata. «In fede mia, questa è davvero una ragazza intelligente!» E chiamò un messaggero. «Porta questo bicchiere da vino a quella misera piccola fattoria sulla strada a nord. Dì alla ragazza che abita lì che se riesce a vuotare il mare con questo bicchiere prima di domattina, io la sposerò.» Quando la ragazza udì il messaggio, rise ad alta voce. Prese lo sgabellino che stava sotto il tavolo di cucina e con il cavallo del messo andò fino a palazzo.
Inchinandosi profondamente davanti allo Zar, si sedette sullo sgabello. «Carissimo Zar», disse. «Tutta la Russia vi ama e io vi amo più di tutta la Russia. Niente mi farebbe più piacere che compiacervi. Ma ho un piccolo problema che mi impedisce di svuotare il mare, stanotte.» «Aha!» esclamò lo Zar. «Non sei così intelligente, dopo tutto, eh?»
«No, no, non sono affatto intelligente. Però io posso vuotare il mare, ma appena avrò finito, i fiumi lo riempiranno di nuovo. Quindi se voi riuscite ad arginare tutti i fiumi del mondo con questo sgabello, io volentieri vuoterò il mare con un calice da vino.» Lo Zar rise deliziato. «Per il Cielo, tuo padre aveva proprio ragione. Sei più saggia di me.
Ma io sono abbastanza saggio da riconoscere una buona sposa quando ne vedo una e per provartelo ti sposerò oggi stesso!» La fanciulla reclinò il capo da un lato, pensosa. «Io accetterò, Altezza Reale, se voi mi farete una promessa.» «Cosa? Impertinente!… Beh, cosa vuoi?» «Promettetemi che se in qualsiasi momento vi stancaste di me e voleste mandarmi via, mi lascerete portare con me la cosa che amo di più.» «È tutto qui? Vai a vestirti. Ti aspetterò in chiesa.» E così la povera figlia del contadino diventò la Zarina di tutte le Russie. E la coppia visse felicemente per molti anni. Ma, invecchiando, lo Zar divenne scontroso e inquieto e attaccava briga con tutti, perfino con la Zarina. «Ti credi tanto intelligente, eh?» sbottò un giorno. «Beh, allora torna da dove sei venuta e porta con te, tua sapienza! Sono stufo di te. Vattene!»
La Zarina fece un inchino al marito e si tolse la corona. «Va bene, caro. Sia come tu vuoi. Ma prima bevi un bicchiere di vino con me». Quando furono portati i bicchieri, lei versò un sonnifero in quello dello Zar, e un minuto dopo egli era sdraiato sul trono e russava. La Zarina fece portare un grosso baule, ci mise dentro lo Zar e lo chiuse a chiave. Poi chiamò i servi di palazzo che lo caricarono su una carrozza. La Zarina si tolse il suo bel vestito e indossò i suoi vecchi abiti rammendati da contadina.
Infine guidò ella stessa la carrozza fino alla fattoria. Quando lo Zar si svegliò, giaceva su un materasso di paglia posto sul pavimento di una misera capanna. «Cosa ci faccio qui? Come hai osato rapire lo Zar di tutte le Russie? Morirai per quello che hai fatto, o donna impudente!» «Ma, mio caro marito» disse lei alzando gli occhi dal cucito, «nel giorno delle nostre nozze mi hai fatto una promessa, ed era che, se tu mi avessi scacciata, io avrei potuto portare con me la cosa che amavo di più. Ebbene, tu sei quella cosa.» Solo allora lo Zar capì fino in fondo la fortuna di avere una moglie così saggia e meravigliosa.