I Raccontastorie – Fascicolo 23
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06 - Un pianoforte in fuga
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C’erano tante di quelle cose nel negozio di rigattiere del signor Robivecchi, che neanche lui si ricordava più cosa ci fosse: tavoli dalle gambe buffissime, seggiole traballanti, letti con le molle rotte e un mucchio di altri oggetti inutili. «Che confusione!» brontolava la signora Robivecchi. «Perché non butti via qualcosa?» «Va bene, cara, lo farò» bofonchiava lui. Ma non lo faceva mai! In un angolo scuro e polveroso, dietro una porta, c’era un vecchio pianoforte. Un tempo apparteneva a un famoso pianista e il suo nome vi era stato impresso a lettere dorate: “Trumpelmetzel”. Ma col tempo le lettere si erano scolorite ed era rimasto visibile solo “Trumpel”. Adesso, nessuno suonava più Trumpel, solo Baffogrigio, un topino che correva sui tasti di notte. E nessuno ascoltava più la musica di Trumpel eccetto Jumbo, l’elefante bianco
di legno con una sola (1\ zanna, che stava accanto al pianoforte in quell’angolino buio. Gli piaceva moltissimo ascoltare Trumpel quando Baffogrigio correva sui tasti. «Che musica meravigliosa» diceva. «Ti prego, Trumpel, facci sentire ancora qualcosa!» Un giorno la signora Robivecchi gridò di nuovo al marito: «Insomma, deciditi a disfarti di tutta questa robaccia! Quel vecchio pianoforte, per esempio, potremmo tagliarlo e usarlo come legna per il fuoco. E guarda quell’orribile elefante con una zanna sola!» «Credo che tu abbia ragione cara» sospirò il signor Robivecchi. «Pare proprio che nessuno apprezzi più certe cose, oggi. Vedrò domani cosa posso fare.» Quella sera, mentre i pallidi raggi della luna illuminavano il negozio del signor Robivecchi, Baffogrigio uscì
dalla tana per scorrazzare sui tasti d’avorio del piano. Ma quella sera il piano emetteva dei suoni molto tristi. «Cos’è che non va, Trumpel?» chiese Baffogrigio. «Non hai sentito cos’ha detto il signor Robivecchi?» gemette Trumpel. «Domani mi taglieranno a pezzi per accendere il fuoco!» «E perché non scappi?» «E come faccio? Ho le gambe ma non so muoverle.» Trumpel cominciò a piangere. «Oh, magari potessi aiutarti» barrì Jumbo. «Gli elefanti veri sono così forti. Oh, se mi potessi muovere!» La luna intanto era salita nel cielo e ora illuminava in pieno l’elefantino
bianco. E in quel magico chiarore, accadde una cosa meravigliosa. «Guarda! Guarda! Jumbo si è mosso! Sono sicuro che si è mosso!» squittì Baffogrigio cón grande eccitazione.
L«È vero!» esclamò Jumbo. «Ma dobbiamo fare presto. Sono certo che questa magia funziona solo ai raggi della luna, perciò non durerà molto.» Jumbo cominciò a spingere e il pianoforte si mosse, prima lentamente, poi sempre più in fretta, finché con un tremendo “crash” sfondò la porta a vetri e atterrò nella strada. «Oh no» disse piano Trumpel. «Che disastro, Jumbo. E meglio che scappi finché puoi.»
Proprio in quel momento la luna scomparve dietro una nuvola, «Ecco» disse Jumbo «lo sapevo che questa magia non durava. Adesso non mi posso più muovere!». Si accese qualche luce nelle case e nei negozi vicini e la gente si riversò per la strada. Anche il signor Robivecchi corse giù per le scale a vedere cos’era successo. «Ma come avrà fatto il piano ad arrivare fin qui?» esclamò strofinandosi glì occhi. «E anche l’elefante!» Con l’aiuto dei vicini, riportò i fuggitivi nel negozio. Poi, ancora sbalordito, se ne tornò a letto. Il mattino seguente, il racconto degli strani avvenimenti della notte fece il giro della città. Un tizio raccontò a un altro che il signor Robivecchi aveva subìto un tentativo di furto, e un altro concluse che nel negozio ci dovevano essere delle preziose antichità. Quando la signora Robivecchi sentì questi discorsi, confermò furbescamente: «Certo, è proprio vero: abbiamo degli oggetti di inestimabile valore!» Da quel momento, la gente cominciò a entrare numerosa
nel negozio; prima una persona o due, poi gruppetti di tre o quattro, per dare almeno un’occhiata alle preziose antichità del signor Robivecchi. Dopo un po’, non era rimasto quasi più niente da buttare via o da tagliare a pezzi! Malgrado ciò, nessuno voleva comprare il vecchio pianoforte, né l’elefante con una zanna sola. Un giorno, mentre i signori
Robivecchi stavano per chiudere il negozio, entrò di corsa un giovanotto. «In che cosa posso servirla, giovanotto?» chiese il signor Robivecchi. Conosceva il giovane, era uno studente di musica che viveva in una stanzetta in fondo alla strada. «Mi hanno detto che ha un pianoforte da vendere» disse il giovane. «Ce l’ha ancora? Posso vederlo?» «Mio marito le farà un ottimo prezzo…» disse la signora Robivecchi in fretta «se comprerà anche l’elefante!» Il giovane esitò. Non era sicuro che ci fosse posto, nella sua stanzetta, per un pianoforte e un elefante. Fece scorrere pensosamente le dita
sulla tastiera di Trumpel.
«Mi piace il suono che ha.» Poi guardò l’elefante bianco. «Va bene» disse: «l’elefante e il piano. Li compro, affare fatto.» Jumbo era felicissimo e anche Trumpel. E all’interno del pianoforte, Baffogrigio fece un balletto di gioia, perché non voleva separarsi dai suoi amici. «Vedrà che non rimpiangerà l’acquisto, giovanotto disse il signor Robivecchi. «Questo piano apparteneva a un famoso pianista e sono sicuro che aiuterà anche lei a diventare famoso. » E volete proprio saperlo? Successe esattamente così.