I Raccontastorie – Le più belle storie di Natale 1983
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«Dov’è quel fannullone?» gridò infuriata la madre di Aladino, alzando la testa dal suo lavoro. «In casa non c’è nemmeno una briciola di pane e se io non lavorassi tutto il giorno, non avremmo nemmeno un tetto per ripararci.» Aladino era all’altro capo della città, al bazar, a chiacchierare con fannulloni pari suo, sorseggiando tè alla menta. Di tutti i ragazzi di Bagdad, Aladino era certo il più pigro e il più mascalzone. Non aiutava mai, come avrebbe dovuto, la sua povera madre vedova, e passava il tempo a combinare guai. Aladino, intento a divertirsi, non fece caso allo straniero riccamente vestito che lo osservava da dentro a un portone scuro. «Ehi, Aladino!» gli gridò uno dei suoi amici sfaccendati, «oggi tocca a te pagare il tè alla menta.» Sentendolo chiamare per nome, lo straniero mormorò trionfante tra sé: «Ah, se quel ragazzo è veramente Aladino, sono arrivato alla fine della mia lunga ricerca.» Dovete sapere che quell’uomo era un famoso e perfido mago, che si chiamava Abanazar. Molto tempo prima, con una magia, aveva saputo che, nascosta in una cava vicino a Bagdad, c’era una lampada che racchiudeva i poteri magici del più potente Genio del Mondo. Ma, sfortunatamente per Abanazar, solo un ragazzo avrebbe potuto trovare la lampada, e quel ragazzo era Aladino. Il giorno seguente, la madre di Aladino lavorava come al solito, con gran fatica, al telaio. «Aladino» chiamò, «porta questo pezzo di tela al bazar e cerca di venderlo e di comprare un po’ di pane. Se no…» Ma non poté terminare la frase, che Aladino era già sgusciato via.
Lui non voleva affatto vendere stoffa, lui voleva divertirsi, lui! Nel portone buio vicino al bazar, il mago cattivo aspettava tranquillamente. Appena vide Aladino passargli davanti di corsa, gli si presentò in tutta la magnificenza delle sue ricche vesti. «Aladino!» esclamò «ti ho trovato, finalmente. Sono tuo zio Abanazar e sono tornato a Bagdad dopo molti anni passati in viaggio. Come sono felice di rivederti, nipote mio!» Aladino lo guardava stupefatto. «Portami a casa da tua madre. Ho guadagnato una fortuna in terre lontane e desidero dividerla con lei.» Aladino, eccitatissimo, condusse a casa il mago. Non aveva mai
sentito parlare di uno zio lontano, ma lo straniero era molto convincente. Riuscì a convincere anche la madre, regalandole oro e perle. Il mattino seguente, Aladino andò a passeggio con lo zio. Presto si lasciarono alle spalle la città e si inoltrarono nel deserto. «Senti un po’, ragazzo mio» gli disse Abanazar gravemente; «tua madre sta invecchiando ed è giunto il momento che tu impari un mestiere per mantenerla.» Aladino fece subito la faccia scura. «Cosa? Lavorare? Ma non è divertente!» Il mago continuò: «Ti aprirò un negozio e tu diventerai uno dei mercanti più ricchi della città.» Aladino si vedeva già vestito di abiti sontuosi, invidiato da tutti gli amici. «Hai ragione zio,» disse con un largo sorriso «è tempo che io mi sistemi.»
«Io ti aiuterò, ma tu devi aiutare me» gli disse Abanazar. «Vai a prendere un po’ di legna e accendi un fuoco in questo punto!» E tracciò una croce per terra. Quando il fuoco fu acceso, il mago gettò dell’incenso tra le fiamme. Ci fu un tremendo scoppio, la terra tremò e poi si aprì ai loro piedi, lasciando emergere un’enorme pietra a forma di porta. «Alza la pietra» comandò il mago. «Ma non posso» rispose Aladino spaventato. «Sono solo un ragazzo e non ce la faccio.» «Sì che ce la farai» ribatté Abanazar «ma devi aver fiducia nei miei poterti magici. Ascolta: sotto la pietra c’è un sotterraneo pieno di tesori, illuminato da una lampada d’ottone. Non toccare niente e portami la lampada. Portamela e io in cambio ti darò tutto quello che ti ho promesso.» Aladino trasse un profondo respiro, poi alzò la pietra.
Con sua grande sorpresa riuscì a muoverla con facilità e scomparve nell’apertura. Il ragazzo si guardò intorno nella caverna e rimase senza fiato. Alla luce della lampada scintillavano alberi d’oro e fiori di diamanti! Aladino andò difilato dove si trovava la lampada e la prese, poi si precipitò verso l’ingresso, dove il falso zio lo aspettava. «Dammela» gli gridò il mago avidamente, «presto, ragazzo!» Aladino esitò. «Cos’avrà di tanto speciale questa lampada?», pensò. «Perché lo zio la desidera tanto?»
«Aspetta un momento» prese tempo «il sole mi sta accecando» e cominciò a esaminare la lampada. «Dammela, ti dico» strillò nuovamente Abanazar «o te ne pentirai!» Siccome Aladino non rispondeva, il mago prese dell’altro incenso e lo gettò sul fuoco. La terra tornò a richiudersi e la grande pietra rotolò di nuovo al suo posto, imprigionando Aladino, solo e terribilmente impaurito. Cos’avrebbe fatto? Studiò di nuovo la lampada e con la manica del suo abito la strofinò per ripulirla… Vi fu un lampo accecante e… un enorme Genio troneggiò davanti a lui. «Io sono lo schiavo della lampada e di chiunque la possegga» tuonò. «Qual è la tua volontà, o mio padrone?» Aladino indietreggiò terrorizzato. Infine ritrovò la voce, «Portami a casa, Genio, ti prego!» «I tuoi desideri sono ordini.» E un attimo dopo Aladino udì la voce della mamma. «Sei tu, figlio mio? Ma dove sei stato?» Aladino, felice di essere sano e salvo, si gettò tra le braccia della madre,
Gli anni passarono e Aladino diventò un uomo. Non era più un fannullone, ma lavorava duramente per mantenere sua madre. Un giorno, mentre era in giro per commissioni, vide la figlia del Sultano di Bagdad. La Principessa Yasmin passeggiava nei giardini del palazzo e rideva con le sue ancelle. Aladino rimase stregato dalla sua bellezza e all’istante decise che l’avrebbe sposata. «Ma come potrà mai un uomo povero come me sposare una principessa?» chiese tristemente a sua madre. «Non preoccuparti, figlio», rispose lei. «Con l’aiuto del Genio diventerai ricco 5 a sufficienza.» E infatti, dopo una buona strofinata alla lampada, il Genio apparve e fece quello che gli venne richiesto. Il giorno dopo, Aladino si presentò al Sultano sotto l’aspetto di un distintissimo giovane principe. Quando poté incontrare Yasmin, essa si innamorò immediatamente di lui. Non passò molto tempo che si sposarono e vissero in perfetta felicità per un anno e un giorno. Una mattina, mentre Aladino era fuori a caccia, Yasmin udì la voce di un venditore ambulante: «Scambio lampade nuove con quelle vecchie.» Yasmin si affacciò alla finestra e vide un uomo alto e tenebroso.
Era il malefico mago Abanazar! Ma Yasmin non lo conosceva. Pensò subito alla vecchia e brutta lampada che suo marito conservava. «Portate questa all’ambulante» disse alla sua cameriera. «Voglio fare una sorpresa ad Aladino.» La ragazza prese la vecchia lampada e la consegnò al mago che, trionfante, corse a casa, strofinò la lampada e convocò il Genio. «Io sono lo schiavo della lampada e di chiunque la possegga. Qual è la tua volontà, o mio padrone?» «Vai a palazzo, prendi Yasmin e portamela qui. Poi lasceremo Bagdad. per sempre.»
Quando Aladino fece ritorno a casa, trovò la città in lacrime. «La Principessa è sparita e nessuno riesce a trovarla!» Aladino setacciò la città in cerca del mercante e della sua lampada, ma non trovò traccia del rapitore. Allora mandò a chiamare d’urgenza i suoi servi e si preparò a un lungo viaggio. Sapeva che si trattava della vendetta di Abanazar e giurò a sè stesso che avrebbe cercato Yasmin anche in capo al mondo. Finalmente, in mezzo al deserto, udì parlare del covo di un mago. Aladino non aveva mai visto un castello più tetro, e pianse al pensiero che sua moglie vi fosse imprigionata. Si travestì da dottore e persuase i servi a lasciarlo entrare. Trovò Yasmin tutta sola. «Oh, Aladino» disse lei abbracciandolo e sorridendogli fra le lacrime, «cominciavo a pensare che non ti avrei rivisto mai più.»
Aladino si nascose e attese il ritorno del mago. Sapeva che l’unico mezzo per liberarsi di lui era ucciderlo. Ouando infine il mago fece ritorno, Aladino lo affrontò con la spada sguainata. «Preparati a difenderti» lo sfidò «la tua ora è venuta!» Con un grido, Abanazar sguainò la spada e si scagliò su Aladino. Il clangore dell’acciaio risuonava per tutto il castello. Dopo un lungo combattimento, Aladino riuscì con un colpo fortunato a conficcare la spada nel cuore del perfido mago, che cadde morto ai suoi piedi. Aladino si mise subito in cerca della lampada e quando l’ebbe trovata, la strofinò con garbo e convocò il Ge «Io sono lo schiavo della lampada e di chiunque la possegga. Qual è la tua volontà, o mio.padrone?». Aladino espresse il suo più grande desiderio e un attimo dopo lui
e la sua amata Yasmin erano di nuovo a Bagdad. Nei loro giardini gli uccellini cinguettavano a distesa e le torri di marmo rosa del palazzo scintillavano nella luce del tramonto. Il sultano e la madre di Aladino li attendevano per dare loro il benvenuto. L’indomani, Aladino nascose la lampada in un luogo sicuro e segreto, e né lui né la sua amata moglie ebbero mai più l’idea di cambiarla con un’altra.