Il Natale in casa di Talpone

Il Natale in casa di Talpone

I Raccontastorie – Le più belle storie di Natale 1984

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      04 Il Natale in casa di Talpone
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Sor Talpone e Compar Ratto stavano  tornando a casa dopo una lunga giornata di caccia in compagnia di Comare Lontra. Ratto marciava a passo sostenuto e in silenzio e non si accorse che Talpone si era fermato di botto, come se avesse ricevuto una scossa elettrica. Il naso di Talpone si muoveva, annusando di qua e di là, e di nuovo captò l’odore che lo aveva sconvolto così profondamente; poi lo riconobbe: odore di casa! Era la sua vecchia casa e non ci aveva quasi più pensato da quando aveva conosciuto Ratto e scoperto il fiume. Ma in quel momento quell’odore gli fece provare una grande nostalgia.

«Rattino,» chiamò eccitato Talpone, «torna indietro! Qui c’è la mia casa, la mia vecchia casa! L’ho annusata, ed è qui vicino, vicinissimo. E io devo andarci. Devo, devo!» — Ma Ratto era troppo distante per sentire chiaramente Talpone. «Talpone, non dobbiamo fermarci!» gli rispose. «È tardi, sta arrivando la neve e non conosco molto bene la strada! Vieni qui subito, sii ragionevole!» E continuò per la sua strada senza aspettare risposta. Il povero Talpone rimase solo sul sentiero, con il cuore a pezzi, e un singhiozzo strozzato in gola. Ma nemmeno per un attimo pensò di abbandonare Ratto.

L’odore di casa lo richiamava e lo tentava, ma non osò fermarsi un attimo di più. E così continuò a camminare sulle orme dell’ignaro Ratto. Dopo un po’ Ratto si fermò e disse gentilmente: «Ehi, Talpone, amico mio, hai un’aria proprio tirata, sediamoci un po’!» Talpone si sedette sconsolato sul tronco di un albero e il singhiozzo che aveva represso esplose, poi un altro, e un altro ancora e poi cominciò a piangere disperatamente. Ratto rimase. stupefatto e sgomento davanti al dolore di Talpone e gli disse piano

e affettuosamente: «Che succede, vecchio mio? Che cos’hai?» Talpone, con voce rotta dai singhiozzi, rispose: «Lo so che è un posto squallido e misero, niente a che vedere con la tua linda casetta di Riva del Fiume — ma è stata la mia unica casa: me ne sono andato e l’ho dimenticata. E poi all’improvviso ho sentito il suo odore, lì sul sentiero, e ho desiderato tornare, e quando tu non sei voluto tornare indietro, Rattino, e io sono dovuto venir via, ho pensato che il cuore mi si spezzasse. Oh, povero me! Oh, povero me!»

Ratto, senza parlare, batté gentilmente la mano sulla spalla di Talpone aspettando che i singhiozzi si calmassero. Poi disse con semplicità: «Beh, adesso mettiamoci in cammino e andiamo a cercare questa tua casa, vecchio mio! Rifaremo il cammino che abbiamo appena percorso.» «Oh, andiamocene Rattino, ti prego,» diceva Talpone affrettandosi dietro di lui. «È così buio e sta per nevicare! E… non avevo intenzione di rivelarti i miei sentimenti; pensa a Riva del Fiume e alla tua cena!» «Al diavolo Riva del Fiume e anche la cena!» esclamò Ratto prendendo Talpone per un braccio e dirigendosi verso quella parte del sentiero dove il suo amico aveva sentito l’odore di casa. Talpone rimase un momento rigido con il naso per aria. I segnali erano di

nuovo vicini. Come un sonnambulo traversò un fossato asciutto, si infilò in una siepe e fiutò la strada giusta attraverso un campo. Poi all’improvviso si tuffò in un tunnel, sempre con Ratto alle calcagna. A Ratto parve che passasse un sacco di tempo prima che Talpone si fermasse. Talpone accese un fiammifero e videro che si trovavano in uno spiazzo, di fronte a una porta con una targhetta: «Rifugio di Talpone.» In fondo allo spiazzo c’era un campo da bocce e a metà uno stagno con un pesciolino dorato. In mezzo c’era una strana scultura che aveva in cima una grossa palla di vetro che rifletteva tutto al rovescio: era divertentissimo! La faccia di Talpone si illuminò alla vista di quegli oggetti che gli erano tanto cari e fece fretta a Ratto perché entrasse in casa: accese una lampada e si guardò attorno.

La polvere copriva tutto e la casa trascurata aveva un aspetto triste e abbandonato. Talpone sprofondò su una seggiola con il naso fra le zampe. «Oh, Rattino! Ma perché ti avrò portato in questo posto piccolo, povero e freddo, mentre potresti essere a Riva del Fiume, vicino a un bel fuoco scoppiettante’?» Ma Ratto non gli fece caso. Correva di qua e di là aprendo armadi, esaminando le stanze, accendendo lampade e candele che appoggiava un po’ dappertutto. «Ma che casetta simpatica è questa! Così solida e così ben divisa! Vedrai che bella serata passeremo! La prima cosa che ci vuole è un bel fuoco. Ci penso io: tu prendi un piumino e spolvera un po’.» Talpone si rialzò e spolverò e lucidò con grande entusiasmo, mentre Ratto accendeva un bel fuoco nel camino. «Ora vieni con me a guardiamo cosa possiamo trovare per cena.» Dopo avere spalancato tutti gli armadi e i cassetti trovarono una scatola di sardine, una scatola di gallette quasi piena, una salsiccia e quattro bottiglie di birra.

«Questo sì che è un banchetto!» osservò Ratto e si dispose ad apparecchiare. «Chissà quanti animali darebbero volentieri le loro orecchie per trovarsi qui stasera a cena con noi.» Aveva appena cominciato ad aprire la scatola di sardine quando udirono uno scalpiccio di piccoli piedini sulla ghiaia fuori, e un mormorio di vocine. «Ora tutti in fila — alza un po’ la lanterna Tommy e non fiatare quando dico uno, due e tre.»

«Devono essere i topi di campagna,» disse Talpone. «Vanno in giro a cantare canzoni natalizie prima di Natale e alla fine venivano da me a bere qualcosa e a cenare.» «Diamo un’occhiata!» e Ratto con un salto spalancò la porta. C’erano almeno otto o dieci topini che ridacchiavano, tiravano su col naso e se lo pulivano sulla manica dei cappotti. Poi le loro vocine acute si levarono nell’aria invernale per cantare le canzoncine che avevano appreso dai loro genitori. Quando i cantori ebbero finito si guardarono timidamente l’un l’altro, vergognosi ma sorridenti. «Avete cantato molto bene, ragazzi,» disse Ratto, «ora venite accanto al fuoco a bere qualcosa.» «Sì, entrate topi di campagna,» aggiunse Talpone, «è proprio come ai vecchi tempi!» Poi improvvisamente si lasciò cadere su una seggiola, prossimo alle lacrime. «Oh, Rattino, non abbiamo niente da offrire!» «Ci penso io! Ehi, voi con la lanterna, da questa parte! Ditemi, c’è qualche negozio aperto a quest’ora?» «Sissignore,» rispose

rispettosamente il topo, «in queste sere di festa molti negozi rimangono aperti fino a tardi.» «Allora corri subito e portami… vediamo…» Parlottarono fra loro e poi si sentì un tintinnio di monete che passavano da una mano all’altra. Il topo di campagna filò via con la sua lanterna.

Gli altri topi si accoccolarono in fila sul divano a scaldarsi davanti al fuoco mentre Talpone chiedeva loro il nome dei fratellini e delle sorelline, che erano ancora troppo piccoli per andare a cantare canzoni natalizie. Ratto intanto si dava da fare a servire la birra e dopo poco i topolini di campo gustavano la bevanda, tossendo quando andava loro di traverso. Alla fine il topo con la lanterna riapparve, curvo sotto il peso di un grosso cesto ricolmo. In un baleno la cena fu pronta e Talpone si sedette a capotavola osservando i musetti allegri dei suoi piccoli amici. Mentre mangiavano, i topi raccontarono i pettegolezzi del luogo e risposero alle mille domande di Talpone. Alla fine se ne andarono profondendosi in ringraziamenti, con le tasche piene di dolci per i fratellini e le sorelline che erano rimasti a casa. Quando la porta fu chiusa Ratto, spalancando la bocca in un tremendo sbadiglio, disse: «Talpone, io sto crollando: mi posso sistemare in quella cuccetta laggiù? Bene bene: che casetta comoda è questa! Tutto è a portata di mano!» Si arrampicò sulla cuccetta, si coprì con le coperte e

si addormentò di colpo. Anche lo stanchissimo Talpone si coricò, ma prima di chiudere gli occhi riguardò con affetto ogni oggetto familiare della stanza. Non aveva intenzione di abbandonare la sua nuova vita nel mondo là fuori, ma era stato bello tornare per una sera nella sua casetta che gli aveva dato un così caldo benvenuto.